La diplomazia del pugno sul tavolo
L’incontro-scontro del 28 febbraio scorso a Washington, tra Donald Trump e James Vance da una parte e Volodymyr Zelens’kyj dall’altra, ha portato ad interrogarsi sulla estrema con cui è stato gestito un momento cruciale per i destini del Mondo.
Tuttavia, chi conosce la storia diplomatica sa cogliere alcuni aspetti del passato, in cui le stesse veemenza e litigiosità hanno prevalso sul buonsenso e sull’arte del compromesso. Tornano alla memoria una serie di incidenti internazionali, tali da condizionare l’andamento di altrettante trattative o di forzature in ambito diplomatico.
Tra i più noti agli storici ma forse non al grande pubblico l’incontro del 12 febbraio 1938 tra il cancelliere austriaco Kurt von Schuschnigg e Adolf Hitler, in cui si paventava la sottomissione di Vienna ponendole condizioni draconiane, tali da annullare qualsiasi ulteriore velleità d’indipendenza nazionale.
Una situazione analoga venne a consumarsi circa un anno dopo nel contesto della Cecoslovacchia, il cui cancellerie Emile Hácha venne convocato a Berlino, Dopo un’estenuante attesa in anticamera, Hácha subì pesanti minacce al punto che il malcapitato ebbe un malore.
In epoca più recente toccò al segretario del partito comunista slovacco Alexander Dubcek subire le ire dell’omologo sovietico Leonìd Brèžnev contrario al tentativo di rendere meno oppressivo il regime di Praga.